martedì 31 dicembre 2013

La chiesa parrocchiale di San Marco a Crespano del Grappa

 

Parrocchiale di S.Marco La vecchia parrocchiale di S. Marco
Negli atti della visita vescovile del 25 ottobre 1519, (ci racconta un famoso manoscritto storico del secolo scorso), la vecchia chiesa parrocchiale di S. Marco era stata così sommariamente descritta: Ecclesia S. Marci de Crespano posita est in superficie cuiusdam collis, quae est curata et capella S. Eulaliae, ecclesia satis pulcra et ornata, longitudinis pedum 95, latitudinis 55 et totidem altitudinis, cum tribus fenestris a meridie et una rotunda ab occidente; cum duabus portis: una magna a parte occidentis et altera parva a meridie, cum suo cemeterio circumcirca clauso et campanile quod de novo aedificatur cum una campana etc..
La chiesa aveva allora tre altari: l'altar maggiore in fondo ad oriente, al quali si accedeva con tre gradini; quello sul lato nord chiamato di Maria Vergine e quello sul lato sud, dedicato al Corpus Domini. Già nella visita pastorale di circa una ottantina di anni dopo, questi tre altari venivano riscontrati troppo ristretti e, data la loro infelice ubicazione, anche piuttosto disturbati durante lo svolgimento delle sacre funzioni. Il campanile poi - si aggiungeva - era stato edificato assai alla "trista", benché nel frattempo, si fosse aggiunta una seconda campana.
In qual tempo fosse stata edificata la chiesa di S. Marco - nota sempre il manoscritto - non se ne aveva memoria, neppure due secoli addietro: solo dicesi che era stata eretta per essere troppo angusta per la crescita della popolazione e mal collocata per la difficoltà del sito, la più antica chiesa parrocchiale di S. Pancrazio, prima ancora dell'incorporazione con la parrocchia di S. Paolo, che avvenne nel 1488.
Tuttavia, fu precisamente all'epoca del parroco don Aurelio Fossa (1603 circa- 1624), cittadino bassanese, pubblico notaro e pare anche monsignore, che risvegliossi una grande attività per le cose della chiesa. In questo periodo infatti si edificò con grande spesa il nuovo coro a volta verso oriente, si elevò ed ornò il campanile e tutto si rinnovò ad di dentro il tempio, tanto che lo stesso venne nuovamente consacrato; oltre l'altar maggiore abbellito ed inquadrato, si costruì un nuovo altare dedicato alla B. V. del Rosario e, di fronte a questo, se ne collocò un altro, pure nuovo, dedicato alla B. V. del Covolo.
Nel 1613 nel corso di una nuova visita pastorale, si presentò al vescovo il crespanese Antonio di Giovanni Ceccato per chiedere il permesso di edificare un nuovo altare da dedicarsi a San Francesco, offrendo per la costruzione ducati 52 ed altri 50 da investirsi, onde provvedere con la rendita alla sua manutenzione.
Nel 1620 il nuovo altare di legno dorato era già ultimato ed ornato con una pala di Gerolamo da Ponte. In quest'epoca Antonio Ceccato provvide a costruire ai piedi del nuovo altare la tomba della propria famiglia.
Per completare la sommaria descrizione della nostra vecchia chiesa di S. Marco occorre aggiungere che più tardi, nel 1675, in occasione ancora di una visita pastorale, venne riscontrata l'avvenuta erezione di un quinto altare ad opera della confraternita della B. V. della Consolazione, meglio nota col nome di B. V. della Cintura.
* Questo contributo è stato ricopiato come nella nota del compianto dott. Umberto Andolfato che per la storia della sua Crespano ha sempre nutrito un grande amore.*

dal msito del Comune di Crespano del Grappa 

Dalla Piovega al Covolo


 

percorso2 Partendo dal confine con il comune di Fonte, determinato dalla via Piovega (via pubblica ritenuta di antica origine romana), verso nord si percorre la via Asolana trovando subito la zona industriale e degli impianti sportivi.
Alla fine della zona industriale si imbocca via S. Paolo che, dapprima piega verso est, poi verso nord. A circa la meta' della suddetta strada, sorge la chiesetta dedicata alla conversione di S. Paolo. E' del sec. XII e fu la parrocchiale del paese di S. Paolo del Lastego fino al 1488 quando passò sotto la Diocesi di Treviso. In questo anno si unì a Crespano che aggiunse ai patroni S. Marco, Pancrazio, quello di S. Paolo.
Al termine della strada inizia Via Acque che va verso- ovest.
Deve il suo nome ad una sorgente di acqua ferruginosa che veniva bevuta come medicamento, in modo particolare nel secolo scorso, da molte persone provenienti anche da città del Veneto.
Via Acque si unisce a via S. Pio X che ha direzione nord.
A metà circa, si trova il Collegio Femminile retto dalle suore di Maria Bambina.
In via Roma, a sinistra, si trova un palazzo che fu abitazione dell'abate (canonico) Pietro Canal e noto come la Biblioteca.
Proseguendo per via Piemonte, dove c'è la scuola media statale A. Canova, verso est si arriva in via Montegrappa.
Salendo verso nord s'imbocca via Madonna del Covolo. A sinistra vi è la scuola materna "Basso", a metà strada il capitello di S. Giuseppe, dedicato però, nei decenni scorsi, ai santi Vettore e Corona. Poco sopra detto capitello, si trova la località chiamata Brusamosca dove, nei secoli XV - XVIII vi fu un convento di eremiti. Oggi, a testimonianza del passato, c'è un pozzo detto "pozzo dei frati". Dà ancora acqua fresca che si riversa nella valle.
Alle Piere Rosse, seguendo una strada a sinistra, si arriva al luogo di apparizione e dei "Tre busi". La tradizione dice che la Madonna, su richiesta della "forosetta" Vaccaro, abbia messo tre dita sulla roccia e fatto scaturire l'acqua necessaria per la costruzione del suo tempio, al Covolo.
A destra dei "Tre busi" vi è la grotta, chiamata "la grotta delle Guane" (dee aquane). La fantasia popolare le raffigurava come giovanette graziose, che danzavano sull'acqua, di notte. Potevano uscire dalla grotta solo con il buio per lavare le loro vesti e le stendevano poi sulla riva ad asciugare. Nessuno doveva vederle perché le "Guane", se scoperte da occhio di uomo, lo accecavano e poi lo uccidevano.
Sopra le "Pietre Rosse", a destra, vi è un prato con un vecchio capitello. Pare sia stato costruito nel 1300 a ricordo dei tentativi fatti per costruire, sul luogo, la chiesetta voluta dalla Madonna.
La tradizione racconta che, di giorno si costruissero i muri e di notte cadessero. Il tempo rovinò il vecchio capitello e nel 1700 circa venne restaurato ed ingrandito, inglobando il vecchio nel nuovo.
Nel 1982 la Sez. comunale dell'AVIS, lo restaurò col beneplacito del proprietario Chino Chiavacci e col contributo della popolazione.
Giunti al termine della via si trova il Santuario. La prima chiesetta era addossata alla roccia; verso il 1500 fu ampliata. Agli inizi del 1800 un masso, staccatosi, travolse il presbiterio con l'altare della Madonna e parte della chiesa. Antonio Canova progettò l'attuale tempio accogliendo le richieste dei crespanesi ed in particolare dei parenti "Fantolin".

Elisa Mionetto e Giacobbe Peruzzi
*dal sito del Comune di Crespano del Grappa

Villa Manfrotto Canal


 

Villa Canal Manfrotto Località Gherla, nella provinciale via Molinetto; due pilastri di mattoni sormontati da vasi in pietra ci introducono per un viale di noci e cipressi a villa Manfrotto Canal, così detta perché dai Manfrotto passò ai conti Canal alla fine del settecento per eredità. Due statue, Apollo e Diana, vigilano l'ingresso della villa.
A destra l'elegante foresteria fu voluta nel 1612 da Agostino Manfrotto: belle le finestre ad arco e i poggioli in pietra.
Nel giardino viali di ghiaia suddividono spazi verdi ornati da statue e vasi di limoni. Superata una fontana ottagonale si arriva al corpo principale della villa. Il fabbricato di linea semplice e più antico è sopraelevato rispetto al piano del giardino, a cui è collegato da una scalinata.
La facciata è scandita da due ordini di finestre rettangolari e abbellita da un poggiolo centrale, un accenno di trifora e un sovrastante stemma dei Manfrotto.
Un ampio marciapiede in pietra sottolinea tutta la lunghezza della facciata e finisce a destra in un elegante e arioso loggiato neoclassico. È decorato da piatti stucchi policromi e fu voluto da Mons. Filippo-Antonio Manfrotto nel 1788 quando restaurò la barchessa preesistente.
Un parco ricco di siepi e cipressi porta all'oratorio seicentesco dedicato all'Assunta e sormontato da un leggero campanile a vela. All'interno sono sepolti vari componenti della famiglia: Angela Zardo madre del Canova, l'Abate Pietro Canal, il N. H. Filippo che fu per tanti anni benemerito podestà di Crespano.
Una barchessa ad ampi archi delimita il lato sud, adibito a tinaia e cantina: una piccola loggia e un divertente affresco raffigurante Bacco che brinda, segnano l'ingresso alle cantine sotterranee.
F.C.
*dal sito del comune di Crespano del Grappa

La Gherla, l'antico colmello suddiviso fra Crespano e Sant'Eulalia


 

Due preti col morto
La Gherla, l'antico colmello suddiviso fra Crespano e Sant'Eulalia, ricordato fin dal 1085, vagheggiato per l'amenità della posizione, si presenta con un suo volto di nobiltà, datole oltre che dalla settecentesca Villa Canal (ex Manfrotto), dalle rustiche case aggruppate ed occhieggianti dietro le siepi di viti e lungo le stradicciole campestri. L'attento visitatore può scorgere sul muraglione che delimita proprietà Canal sulla strada provinciale di Via Molinetto una pietra segnante il confine tra Sant'Eulalia e Crespano, contrassegnata da una croce e da un monogramma. Il punto veniva indicato in passato come il confine della croce ed ebbe una sua importanza.
Inquadriamo dunque la questione. Vero è che la Gherla, a cagione della sua lontananza dalla chiesa parrocchiale di Crespano era stata dal vescovo Gregorio Barbarigo raccomandata alla cura del vicino pievano di Sant'Illaria e solamente nel 1746, quando fu in visita il card. Razzolino ordinò agli abitanti della Gherla che dovessero convenire per l'apprendimento della dottrina cristiana nella chiesa di Crespano, dacché fino allora usavano per più comodità frequentare per questo ed altre cose, la chiesa di Sant'lllaria. Tra il comandare però e l'eseguire ci sta di mezzo il mare! Il fatto sta che spesso per desiderio di chi moriva i parenti anche dopo l'ordine del cardinale Rezzonico, per comodità, cittadini della contrada Gherla appartenenti alla giurisdizione di Crespano venivano sepolti a Sant'Eulalia. Allora il cardinale si mostrò più conciliante, intimando al parroco di Crespano di accompagnare il cadavere del proprio fedele fino al confine della croce e di consegnarlo al pievano di Sant'Eulalia.
Le cose però non dovevano andare per il giusto verso. Infatti quando il parroco di Crespano arrivava al confine della croce non trovava da aspettarlo il pievano di Sant'Eulalia e ... allora doveva attendere con il defunto e tutto il corteo funebre per ore intere sulla strada; altre volte il Parroco di Crespano ricambiava le cortesie al pievano di Sant'Eulalia. Per fortuna che il povero morto non aveva parola in capitolo!
La gente mormorava, si mostrava poco convinta dell'ansia pastorale dei due parroci c, forse, non riusciva a darsi ragione del loro strano comportamento. Il vescovo intervenne ancora: Quando uno dei due parroci si avvii alla casa del defunto, un messaggero sicuro l'avvisi che sta per sopraggiungere l'altro parroco; questo per salvare il decoro e la dignità sacerdotale che non deve soggiacere alla censura dei laici.
Che il confine della croce abbia dovuto assistere ad altri incresciosi inconvenienti le carte da me viste, della visita pastorale del 1746, non lo dicono. Resta una pietra contrassegnata da una croce e da un monogramma muta testimone di questa storie d'altri tempi.
Antonio F. Celotto
 
*dal sito del Comune di Crespano del Grappa

Nasce l'Azione Abitare per Vivere


Giornate europee del patrimonio

Il patrimonio culturale, pilastro della costruzione europea
In che modo i cittadini europei possono davvero rendersi conto che il loro patrimonio culturale è elemento di unione e di differenza e costituisce uno strumento di scoperta e comprensione reciproche?
Proprio per riprendere questa sfida, nel 1991 il Consiglio d'Europa ha lanciato le Giornate Europee del Patrimonio (GEP), iniziativa che nel 1999 è diventata un'azione congiunta del Consiglio d'Europa e della Commissione europea.
In tutta Europa, nei fine settimana del mese di settembre, le Giornate europee del patrimonio aprono le porte di numerosi edifici e monumenti, alcuni dei quali generalmente chiusi al pubblico.
I 49 Stati firmatari della Convenzione culturale del Consiglio d'Europa partecipano attivamente a questa iniziativa e, secondo le stime, sono circa 20 milioni i visitatori che si recano negli oltre 30.000 luoghi e monumenti coinvolti.

Obiettivi delle Giornate

  • Rendere i cittadini europei consapevoli della ricchezza e della diversità culturale europea
  • Creare un clima che consenta di apprezzare il vasto mosaico delle culture europee
  • Contribuire a rafforzare il sentimento di condivisione di una comune identità europea
  • Contrastare il razzismo e la xenofobia e promuovere una maggiore tolleranza in Europa e al di là dei confini nazionali


L'Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto, ispirandosi ai principi delle Giornate Europee del Patrimonio, lancia nel 2014 una iniziativa di informazione denominata :
Abitare per Vivere
Si tratta di un percorso storico-informativo che intende far conoscere il patrimonio architettonico, paesaggistico, artistico dei borghi poco conosciuti tramite la realizzazione di :
- una trasmissione multimediale della durata settimanale di 30', da editorializzare in collaborazione
con l'Associazione L'Altratavola Network ( Tv e web) ;
- la realizzazione di stages di informazione aperti alla partecipazione di storici,progettisti, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni locali, giornalisti e comunicatori,imprenditori della filiera edile ed abitativa, per dare voce alle esperienze concrete ;
- la pubblicazione di una rivista ;
- la partecipazione alle Giornate Europee del Patrimonio 2014.

Madonna del Covolo sul Grappa



Salendo il Monte Grappa, a circa 500 metri d'altezza in località Covolo sul Grappa, con una posizione dominante su Crespano del Grappa e i colli circondanti, si può trovare una chiesetta dedicata al culto mariano. La chiesa, somigliante al non lontano Tempio del Canova a Possagno, accoglie i fedeli in una atmosfera mistica e raccolta. La chiesa, di architettura cilindrica sovrastata da un cupolone, è stata costruita sul luogo dove pare che la Madonna apparve e guarì una pastorella sordomuta che, sola al pascolo con le pecore, durante un temporale si era rifugiata in una grotta (da qui il nome Covolo). Attraverso un percorso che si inoltra nel bosco si raggiunge una sorgente, chiamata dei Tre Busi, ritenuta salutifera dove la tradizione cristiana ha attribuito alla Madonna il miracolo dello sgorgare dell'acqua.
Il santuario della Madonna del Covolo sul Grappa è punto di partenza di interessanti itinerari escursionistici, alcuni dei quali portano anche alla cima del monte Grappa. Un tranquillo percorso è chiamato mulattiera del Covolo, percorribile a piedi oppure in mountain bike, mentre un altro piccolo anello è il sentiero didattico e naturalistico intitolato a Don Paolo Chiavacci.
Santuario Madonna del Covolo
Dal Santuario della Madonna del Covolo si raggiunge il Monte Colombera salendo un sentiero che accompagna lungo un bellissimo itinerario panoramico. Un altro singolare percorso è il sentiero numero 109, ideale per gli amanti del trekking anche se abbastanza impegnativo.
Per arrivare al Santuario della Madonna del Covolo sul Grappa, salendo da Crespano del Grappa, si prende una strada ripida ma molto suggestiva, affiancata da cipressi e da quindici caratteristici capitelli che accompagnano la salita. Questa fatica viene poi premiata con la rilassatezza dell'anima che concede questo luogo.
Modo di percorrenza: a piedi. La mulattiera del Covolo può essere percorsa anche in mountain bike

Da non perdere: il 15 agosto si tiene una solenne processione, mentre la festa patronale cade l'8 settembre.
Al Castagner dea Madoneta, così chiamato a causa del moribondo ma imponente castagno secolare che portava tra i rami un quadretto della Madonna del Covolo, ogni anno si celebra la Festa del Bosco nel mese di luglio, con grande partecipazione di pubblico.
Informazioni e consigli utili: la Mulattiera del Covolo è percorribile tutto l'anno, facendo attenzione in caso di forti nevicate. La prima parte è ripida, poi alterna tratti ripidi a tratti pianeggianti
Link:
www.montegrappa.org
www.comune.crespano.tv.it

Villa Filippin Fietta

 
Villa Fietta - Paderno del Grappa - Foto di Maurizio Sartoretto
Indirizzo:
via Cardinal Pietro Maffi 1 - 31017 Paderno del Grappa

La villa risulta visitabile tenendo però conto della sua attuale destinazione d'uso come scuola materna e scuola elementare.
Note:
L'edificio, risalente alla prima metà del 1500, appartenne alla famiglia Fietta, che lo utilizzò come dimora estiva. Nel corso degli anni l'impianto originario subì importanti modifiche. Le più consistenti avvennero tra il 1721 ed il 1761 ad opera dell'architetto Giorgio Massari, che rese più imponente l'edificio creando la facciata principale a mezzogiorno, la grande scalinata che arriva sino alla strada e riempiendo una valle profonda circa 25 metri per realizzare due giardini e le cedrere. La chiesa accanto al palazzo, le barchesse e le scuderie sono opere ottocentesche, realizzate su disegno di Antonio Zardo. Nel 1925 la villa venne ceduta al seminario di Venezia che alterò lo stile e l'aspetto di grande villa veneta. Acquistata nel 1956 da mons. Erminio Filippin è passata di proprietà ai Fratelli delle Scuole cristiane, attuali proprietari

Il colmello dei Cunial a Possagno


Il colmello dei Cunial
 
         

Il Castelàr di Possagno

 
Panoramica del colle del Castelàr da sud (da Cuniàl)
 
Particolare dei resti della cinta del castello al momento dello scavo
 
 
 
Il Castelàr di Possagno era "ben fortificato" già nel 1164, con la torre principale alta una decina di metri. Il sito era custodito dai Rover, famiglia signorile di origine germanica probabilmente ascesa in Italia attorno all'anno Mille. Le proprietà e le fortezze dei Rover si estendevano fino a Treviso, a Tovena e a Sernaglia ma il sito di Possagno mantenne una stretta autonomia amministrativa. Accanto al castello, sorsero i primi nuclei abitati di Possagno: i colmelli di Cunial e di Rover; essi trovarono possibilità di vita, presso il vicino valico di S. Giustina, grazie alle sorgenti d'acqua che fornivano ristoro alle greggi e alle mandrie nei flussi da e per la montagna. Il Castelàr di Rover venne conquistato e distrutto nel 1388, assieme alle altre fortezze della pedemontana dall'esercito dei Carraresi di Padova impegnati ad estendere i loro territori in tutta la Marca trevigiana.

La chiesetta di Santa Giustina a Possagno

I giornalisti e i comunicatori che parttecipano alle giornate di informazione di Asolo per Vivere percorreranno la 'Strada dell'Architettura' nelle sue diverse tappe e articolazioni.

 dal sito 'I Cunial'


La chiesetta di Santa Giustina
La chiesetta di Santa Giustina. Dal sito di Gianni Desti
 
             
         

lunedì 30 dicembre 2013

Il colmello Obledo

Colmello Obledo

 
Colmello Obledo - Cavaso del Tomba - Foto del FAST
 
Colmello Obledo - Cavaso del Tomba - Foto del FAST
Indirizzo:
31034 Cavaso del Tomba

Il colmello di Obledo, come molti altri "colmelli" simili, formava nel Medioevo un comune o una "regola" autonoma. La vita economica era legata soprattutto all'arte della lana, infatti la maggior parte del paese trascorreva una vita agricola che aveva come riempitivo la lavorazione della stessa. Le case dei lanaioli avevano uno spazio riservato alla famiglia e un altro alla produzione; ovunque si trovano i segni di laboratori artigianali. Tra le case più illustri si segnalano le due ville contigue, appartenenti ai discendenti della famiglia Bianchi, che, dalla seconda metà del Settecento, divennero i più importanti mercan

La Tomba Brion a San Vito d'Altivole

Tomba Brion


Opera dell’architetto veneziano Carlo Scarpa, venne da questi progettata e realizzata su commissione (1969) di Onorina Brion Tomasin, per onorare la memoria del defunto ed amato congiunto Giuseppe Brion, fondatore e proprietario della Brionvega, e conservarvi le spoglie di lui, le proprie, e quelle di alcuni parenti. Il complesso venne eretto tra il 1970 ed il 1978, anno in cui lo stesso Scarpa morì, a seguito di una caduta da una scala in un negozio a Sendai, in Giappone.
L’opera venne quindi ultimata sui progetti dell’architetto, che vi fu anche sepolto, secondo quanto richiesto nel proprio testamento, in un punto discreto di congiunzione tra la sua monumentale creazione ed il vecchio cimitero del paese. La Tomba si estende lungo un’area di circa 2000 metri quadrati, circondata da campi coltivati a granturco da un lato e dal vecchio cimitero di San Vito d’Altivole dall’altro. Il complesso comprende, oltre una serie di edifici, vaste aiuole e vasche d’acqua, nonché un giardino, distribuito elegantemente e secondo ben precise idee progettuali tra una costruzione e l’altra. Orario:
orario estivo: dal 01/04 al 30/09 – ore 08.00-20.00
orario invernale: dal 01/10 al 31/03 – ore 08.00-17.30

tomba brion, carlo scarpa

Cavaso del Tomba - Chiesa di San Martino

  
cavaso004Quasi sulla cima di una collina, a circa due chilometri dal centro di Cavaso del Tomba, sorge la chiesetta di S. Martino, costruita accanto al castello edificato nella prima metà del secolo XII; dall'alto di uno sperone, circondata da boschi di castagni e da verdi vigneti, essa domina il cuore della Valcavasia. L'area del castello è oggi occupata dai resti di una fortificazione medioevale recentemente restaurata. Il castello, che tradizionalmente si fa risalire all'opera di Gherardo Maltraverso, ai tempi dell'Imperatore Enrico II (1002-1024), sarebbe poi stato distrutto nel 1284 da Gherardo da Camino.
Non si conosce con esattezza il momento dell'edificazione della Chiesa, ma si pensa sia stata eretta (o piuttosto rieretta) nel 1168. L'edificio è in stile romanico, non ha molte pretese architettoniche, ma colpisce per la sobrietà e la purezza della linea della facciata, sormontata da un grazioso campaniletto e ornata da un armonioso portale con arco a tutto sesto. All'interno, al centro del presbiterio a nicchia, si trova l'altare, la cui mensa è costituita da un grosso monolito di lumachella. Le pareti interne sono ricoperte di affreschi (ora restaurati): quelli del presbiterio sono i più antichi e si possono far risalire al XIII secolo; successivi invece quelli delle pareti realizzati nel '500 e attribuiti a Marco da Mel. All'interno sono stati rinvenuti manufatti di notevole interesse dell'epoca della romanizzazione e romana, quali la stele bilingue in alfabeto retico-etrusco e latino arcaico e la stele funeraria di Calpurnio Saturnino.


Chiesa di San Martino a Castelcies
loc. Castelcies - Cavaso del Tomba (TV)
Tel.+39 0423.9423122 - 0423.562112
Rivolgersi a: biblioteca - parrocchia
Per la visita rivolgersi alla casa del custode ai piedi della salita.

Un salto a Fonte Alto

La frazione si trova a 200 m s.l.m. al confine con i comuni di Paderno del Grappa e di Asolo (frazione di Pagnano) e con la frazione di Onè di Fonte (45°80'43" di latitudine N e 11°86'31" di longitudine E).
La chiesa arcipretale dedicata ai Santi Pietro e Paolo, raggiungibile con una scalinata di 102 gradini, conserva il soffitto della navata con dipinto di Giovan Battista Canal. Altri luoghi d'interesse sono i ruderi del castello di San Nicolò e villa Pasini.
Il patrono del paese è san Pietro, la cui festa si tiene nel mese di giugno.

L'ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE / L'ANTICA LATTERIA A CASTELCUCCO


Dall’allevamento ai prodotti caseari, l’antica produzione del morlacco
La Premiata Latteria Sociale Cooperativa Lungo Muson nasce nel 1921, fondata da 14 soci di Castelcucco d’Asolo e dei comuni vicini con il nome originario di “Latteria Redenta”, allo scopo di fabbricare derivati del latte. Le prime attrezzature acquistate furono una scrematrice ed una zangola.
La Latteria sorge in prossimità del torrentello Muson, la cui portata idrica è sufficiente a muovere l’albero motore principale, che tramite pulegge e cinghie di trasmissione metteva in movimento miscelatori, zangole, presse. Con l’ausilio delle macchine e la forza di volontà di decine di uomini e donne, nell’antica Latteria si produceva burro, formaggio mezzo grasso, chiamato bastardo, ed il ben più famoso morlacco.

Castelcucco, paese dei cento campanili

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.


Percorso:ANSA > In Viaggio > Itinerari > Castelcucco, paese dei cento campanili


Un'oasi di tranquillita' tra Asolo, Paderno e Bassano del Grappa

Castelcucco Castelcucco

Da queste parti 'passeggiavano' i mammuth e tra i centomila e i novantamila anni prima di Cristo gli uomini e le donne del Paleolitico gia' occupavano le caverne dei colli cedute qualche millennio piu' tardi ai neolitici e quindi ai proto liguri. Oggi che Castelcucco, in provincia di Treviso, offre ospitalita' a poco piu' di duemila residenti probabilmente sono in pochi a sapere di avere antenati cosi' lontani nel tempo. Tutti, invece, si rendono conto del piacere di vivere in un'oasi di tranquillita' tra Asolo, Paderno e Bassano del Grappa.

Il turista che si spinge in queste contrade non puo' che lasciarsi conquistare dal fascino delle piccole chiesette del territorio, ognuna un autentico piccolo scrigno d'arte. Il tour dei campanili porta dalla parrocchiale di San Giorgio alla chiesetta di santa Lucia, quasi nascosta da alberi secolari: questo oratorio avrebbe origine all'epoca dell'insediamento del Cristianesimo nell'Asolano; molto probabilmente prima dell'attuale chiesa esisteva un sacello. Dalla caduta della tirannide dei Carraresi di Padova, avvenuta il 13 dicembre 1388, l'edificio fu dedicato a Santa Lucia poiche' in quello stesso giorno ricorreva la sua festa liturgica.

Da non perdere inoltre la visita alle chiesette di san Bartolomeo, San Francesco, San Gaetano, Santa Margherita: la prima e' seminascosta in mezzo al bosco ed e' caratterizzata da una massiccia struttura esagonale: il suo primo nucleo risale all'VIII secolo. L'oratorio di San Gaetano, detto anche Chiesa della Salute, si trova lungo la strada principale del paese, seminascosto tra gli edifici adiacenti. La dedicazione alla Madonna delle Grazie potrebbe riferirsi ad uno scampato pericolo, la peste del XVII secolo, che non colpi' Castelcucco. L'oratorio di Santa Margherita si trova nei pressi dell'acquedotto, nell'omonima via, una laterale della strada che porta verso il vicino comune di Paderno del Grappa, in posizione isolata e terminante in un vicolo cieco.

Il gioiello 'laico' dell'arte locale e' Villa Perusini al centro di una piccola borgata sulla strada che porta a Paderno. L'edificio e' uno splendido esempio di arte settecentesca che si sviluppa su tre piani. In origine la villa era adorna di giardini e fontane ma in seguito questo sfarzo ando' declinando progressivamente, a causa dei molti trasferimenti di proprieta', di una trascuratezza sempre piu' marcata e del progressivo spopolamento, tanto che attualmente e' disabitata, pur mantenendosi in discrete condizioni. Ancora annesso alla villa e' l'oratorio di San Francesco, al quale si accedeva direttamente attraverso i piani superiori, tramite un corridoio pensile sostenuto da un'arcata bassa sovrastante la strada comunale. E' stata la residenza del giornalista e scrittore Sergio Saviane, scomparso nel 2001.

Il Maglio di Pagnano

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.

Maglio di Pagnano


31011 Asolo
loc. Pagnano

RECAPITI

tel 0423 524637
fax 0423 950130
museo@comune.asolo.tv.itwww.asolo.it/museo

APERTURA

seconda domenica di ogni mese
10.00 – 19.00

INGRESSO

gratuito

L’officina del maglio, utilizzata da epoca medievale fino al 1979 per la lavorazione del metallo, sfrutta la forza motrice fornita da una derivazione idrica del torrente Muson che dalla sorgente fino al termine del territorio asolano era sfruttato per attività simili. La struttura che risale al XV secolo, anche sulla base della data del 1468 incisa su una pietra angolare dell’edificio, dovette essere utilizzata come sede di lavorazione del metallo almeno fin dal 1472.
Successivamente nel XVII secolo il complesso mutò anche la destinazione funzionale divenendo un follo da panni. L’antica officina fabbrile tornò ad essere operante almeno dall’inizio del XIX secolo quando viene censito, nei sommarioni del catasto napoleonico del 1811, il fabbro Valentino Colla quale proprietario della casa di abitazione e dell’annessa struttura. La dinastia dei Colla è rimasta saldamente alla guida dell’officina da allora fino quasi ai giorni nostri.
A ridosso del canale si trova l’officina, dotata di due ruote a pale e di un raro esempio di tromba idroeolica di concezione leonardesca per la ventilazione della forgia; all’interno vi sono la mola da aguzzare, il maglio, la forgia e, su un piano sopraelevato, il deposito del carbone. L’interno dell’officina si presenta al visitatore abbastanza spoglio dei suoi strumenti lavorativi anche se ci sono degli oggetti risalenti almeno al XIX secolo. Entrando dalla porta principale e scendendo alcuni gradini, troviamo sulla sinistra un banco da lavoro con martelli e qualche chiave. Al centro della stanza è collocato una grossa incudine e appena sulla destra il maglio, costituito da un sistema di cunei e da imponenti blocchi di pietra che fungono da assi di collegamento della struttura stessa. Addossato alla parte opposta si trova il focolare ricco di numerose tenaglie e un interessante trapano a colonna ben conservato oltre ad una mola da affilare.
Il complesso, ora di proprietà della Amministrazione Comunale, è stato oggetto di un restauro conservativo ed è stata ripristinata la funzionalità del canale di adduzione.

Villa Rovero a San Zenone degli Ezzelini

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.

Villa di Rovero - San Zenone degli Ezzelini
Indirizzo:
via Bordignon 8 - 31020 San Zenone degli Ezzelini

Per quasi tutto il 600, il palazzo rimase praticamente intatto, solo verso la fine del secolo una lunga serie di interventi edilizi caratterizzarono questo luogo. Nel 1710, con la morte di Girolamo Di Rovero, si parla per la prima volta di un palazzo con le forme attuali. I lavori furono definitivamente completati tra il 1784 e il 1790, con la nuova cedrera ai piedi del palazzo, nel momento del suo più grande splendore. La villa in quegli anni era divenuta luogo di cultura e scienza, costituendo anche il perno della vita economica, politica e giudiziaria. Fu per anni il cuore pulsante del paese

Villa degli Armeni ad Asolo

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.

Villa Contarini detta Degli Armeni

villa-armeni È collocata ad occidente del centro storico sulla cima del Colle Messano. È uno dei più celebri monumenti asolani ed è composto di due corpi distinti ma intimamente collegati: il cosiddetto “Fresco”, costituito da una scenografica facciata rivolta a settentrione e ben visibile dalla contrada di S. Caterina, e dall’edificio della villa vera e propria sul versante meridionale del colle. Le due parti sono collegate da una galleria che fora la cima del Messano. Il complesso venne costruito dalla famiglia veneziana dei Surian nel 1558 e divenne di proprietà dei Contarini per passaggi di eredità; passò poi all’inizio del 1800 nella mani di varie famiglie nobili venete: i Bragadini, i Soranzo e i Pasqualini per essere ceduta infine al Collegio Armeno dell’isola di San Lazzaro della laguna di Venezia e tornare di recente in proprietà di privati. All’epoca della costruzione della villa vanno riferiti gli affreschi con scene bibliche opera del bresciano Lattanzio Gambara che ancora ornano la facciata meridionale.

La casa Longobarda ad Asolo

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.

La casa Longobarda ad Asolo

casa-longobarda All’estremità occidentale di via Santa Caterina si trova una casa dalla singolare foggia architettonica e dalla facciata riccamente scolpita. E’ la casa dell’architetto e scultore Francesco Graziolo, giunto ad Asolo negli anni della Regina Cornaro, suo personale architetto, qui morto nel 1536. Viene detta Longobarda perché nell’iscrizione che si trova sull’architrave del secondo ordine, l’architetto viene definito longobardus. Deve essere stata la sede della sua bottega nella cui facciata aveva esposto alcuni dei suoi lavori.Tratto da “Atlante Storico delle Città Italiane – Asolo” a cura di Guido Rosada diretto da Francesca Bocchi © 1993 Grafis Edizioni Via 2 giugno, 440033 Casalecchio di Reno (BO)

'La Strada dell'Architettura' ad Asolo per Vivere

Nella parte occidentale della Marca si concentra "La Strada dell'Architettura", un armonioso insieme di chiese, ville e palazzi, borghi, architetture moderne ed industriali che, attraverso un suggestivo itinerario ricoprono quasi mille anni di storia, rievocando nomi prestigiosi quali il Palladio, il Veronese, il Vittoria, il Canova e Carlo Scarpa.
Il progetto Comunicare per Esistere sviluppa un percorso storico-culturale per 'raccontare' a comunicatori e giornalisti le diverse tappe de 'La Strada dell'Architettura'.
La presentazione del viaggio avverrà nel corso della rassegna informativa Asolo per Vivere.

 
strada all'architettura villa maser

domenica 29 dicembre 2013

Alla corte di Caterina Cornaro

Caterina Cornaro

Caterina Cornaro nel 1468 era andata in sposa a Giacomo II di Lusignano re di Cipro e, dal 1473 - alla morte del marito e dell'unico figlio -, aveva retto quel regno per quasi quindici anni.
Nel 1489 Caterina fu costretta da Venezia ad abdicare cedendo i suoi diritti alla Repubblica, in cambio del feudo di Asolo e di un ricco appannaggio. Il 20 giugno 1489 Caterina Cornaro si insedia ad Asolo e nel 1491 inizia l'edificazione della residenza estiva, dove i Cornaro hanno l'occasione di esibire la loro non comune intelligenza architettonica e la cultura vitruviana di Giorgio Cornaro.
La costruzione che viene fatta erigere ad Altivole è un barco cioè un luogo dove uccellare e cacciare, come quello che possedevano Federico da Montefeltro, gli Estensi e Alfonso II di Napoli. Giorgio Cornaro aveva visto il barco di Gian Galeazzo a Pavia e di questo, e di
quello del duca di Montefeltro, aveva informato la sorella.

Il Barco di Altivole

Il Barco di Altivole si estendeva per circa 38 ettari e si caratterizzava per la sua triplice struttura muraria: quella più esterna destinata alla caccia, quella della residenza e la terza che racchiudeva gli orti.
Nella parte riservata alla caccia si trovava anche una grande peschiera
per le anitre e gli aironi, e la torre circondata da acqua dove si allevavano tordi, pernici, quaglie, colombi e tortore, per poter qui, oltre che cacciare, anche uccellare. La seconda cinta muraria racchiudeva lo spazio destinato alla residenza, che le indagini archeologiche condotte dalla Fondazione Benetton (1988-1992) hanno consentito di ricostruire in maniera sufficientemente precisa.
Si trattava di una villa-castello che si articolava in tre grandi ali contrassegnate agli angoli da torri, che racchiudevano un'ampia corte
centrale; un terzo di questa, verso nord, era chiuso da un muro a tre
aperture - la terza cerchia - che destinava l'uso di questo spazio aperto ad un carattere più privato. Delle tre ali originarie si conserva solo parte di quella orientale che era adibita alla residenza della regina e dei suoi ospiti, mentre non rimane traccia dell'ala occidentale
destinata a magazzini e granai, e di quella meridionale, contrassegnata da una torre centrale che costituiva l'ingresso della villa, riservata agli alloggi della corte della regina, formata da circa ottanta elementi.

La Corte di Caterina

Ad Asolo Caterina Cornaro dà vita ad una piccola corte rinascimentale dove la sovrana, tra il Barco di Altivole, il palazzo di San Cassiano a Venezia e la villa di Murano, accoglie con grande sfarzo, alcuni degli esponenti più in vista del mondo culturale e politico del tempo. Caterina anche ad Asolo conserva il titolo di rejna Jerusalem Cypri et Armeniae e il fasto nel quale vive è più degno della regina di Cipro che della signora di Asolo: Venezia, infatti, temendo le sue aspirazioni al trono dei Lusignano, cerca di appagarla circondandola di onori, ma il rapporto della Cornaro con Cipro non si interrompe mai. Ciprioti erano parecchi membri della sua corte, dall'isola giungevano ospiti prestigiosi e delegazioni che portavano alla regina i prodotti più preziosi di Cipro, come le stoffe intrecciate di sottili fili d'oro, gli olii profumati e la polvere di talco profumata, che dall'isola prendeva il nome di cipria.
Gentile Bellini, Ritratto di Caterina Cornaro,Budapest, Szépmuvészti Mùzeum.
Gentile Bellini, Ritratto di Caterina Cornaro,Budapest, Szépmuvészti Mùzeum
 



Gli Asolani di Pietro Bembo

Gli Asolani, dialoghi in 3 libri, sono stati composti tra il 1497 e il 1502 da Pietro Bembo e costituiscono la sua prima opera importante. La prima edizione fu del 1505, pubblicata da Aldo Manuzio, mentre la seconda edizione fu pubblicata, dopo vari rimaneggiamenti, nel 1530. Si tratta di un dialogo sull'amore, ambientato nella Asolo del XV secolo, presso la corte di Caterina Cornaro.

Struttura e personaggi

  • Libro I - Perottino: l'amante infelice, che esprime la negatività dell'amore tramite analisi psico-fisiologiche.
  • Libro II - Gismondo: l'amante felice che confuta le tesi di Perottino teorizzando la positività dell'amore.
  • Libro III - Lavinello: confuta le tesi precedenti, sostiene la teoria dell'amore platonico, cioè come contemplazione della bellezza ideale presente nelle cose terrene.
  • Fine Libro III - Lavinello racconta di un savio romito, che espone una dottrina dell'amore ispirata all'ascetismo cristiano, cioè come il protendersi verso un Dio trascendente, che comporta il totale disinteresse per la bellezza terrena e l'esclusivo desiderio di contemplazione di quella divina.
A queste parti fondamentali si aggiunge una cornice di dialoghi e descrizioni non finalizzati al tema dell'amore ma che rappresentano la vita di corte e la villa di Caterina Cornaro. Sono anche presenti diversi componimenti poetici, solo in parte connessi con l'argomento del testo.

Pietro Bembo


Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470Roma, 18 gennaio 1547) è stato un cardinale, scrittore, grammatico e umanista italiano. Regolò per primo in modo sicuro e coerente la lingua italiana fondandola sull'uso dei massimi scrittori toscani trecenteschi. Contribuì potentemente alla diffusione in Italia e all'estero del modello poetico petrarchista. Le sue idee furono inoltre decisive nella formazione musicale dello stile madrigale nel XVI secolo.

Nacque a Venezia nel 1470 dall'antica famiglia patrizia dei Bembo, da Bernardo e da Elena Morosini.. Ancora bambino, seguì il padre, senatore della Serenissima, a Firenze, dove imparò ad apprezzare il toscano, che avrebbe preferito alla lingua della sua città natale per tutta la vita. Dal 1492 al 1494 studiò il greco a Messina con il famoso ellenista Costantino Lascaris (1434-1501). Vi si recò con l’amico e condiscepolo Angelo Gabriele, e arrivarono a Messina il 4 maggio 1492. Restò per sempre memore del suo soggiorno siciliano, di cui gli rinnovavano il ricordo la corrispondenza con letterati messinesi, fra i quali il Maurolico (1494-1575) e la presenza del fedelissimo amico e segretario Cola Bruno (1480-1542), che lo seguì a Venezia e gli stette vicino per tutta la vita Ritornato a Venezia, collaborò attivamente con Aldo Manuzio, inserendosi nel suo programma editoriale con la pubblicazione nel 1495 della grammatica greca di C. Lascaris (chiamata Erotemata) che egli e il suo compagno Angelo Gabriele avevano portato da Messina. Il suo esordio letterario avvenne con la pubblicazione del dialogo latino De Aetna ad Angelum Gabrielem liber (da A. Manuzio, Venezia, 1495), dove raccontò del suo soggiorno siciliano e della sua ascensione sull'Etna.
Pietro Bembo si laureò all'Università di Padova e fece ulteriori studi (1497-1499) alla corte di Ferrara, che allora i D'Este avevano trasformato in un importante centro letterario e musicale. Lì incontrò Ludovico Ariosto e iniziò ad elaborare Gli Asolani.

I poeti che lo ispirarono sempre nella sua poesia furono il Boccaccio e Petrarca. Amava far accompagnare le sue opere poetiche da fanciulle che suonavano il liuto, ed in un'occasione ebbe l'onore di avere Isabella d'Este come accompagnamento, a cui poi regalò una copia de Gli Asolani.
Tornò a Ferrara nel 1502, dove conobbe Lucrezia Borgia, all'epoca moglie di Alfonso d'Este, con la quale ebbe una relazione. In quel periodo Ferrara era in guerra con Venezia per il controllo del Polesine, di Rovigo e del mercato del sale ("guerra del sale"). Bembo fuggì nel 1505 quando la peste decimò la popolazione della città.
Fra 1506 e 1512 visse a Urbino, e qui iniziò a scrivere una delle sue opere maggiori: Prose della volgar lingua, (pubblicata solo nel 1525); e il suo lavoro assurse ai livelli più alti della sua carriera di umanista. Nel 1513 seguì a Roma Giulio de' Medici, futuro papa Clemente VII. A Roma papa Leone X lo volle suo segretario e in tale veste protesse molti letterati ed eruditi presenti nella capitale, fra cui Christophe de Longueil.
Risale a quegli anni una discussione con Giovan Francesco Pico sul problema dell'imitazione dei classici. Fu amico di Latino Giovenale Manetti e di Bernardo Cappello, che lo riconobbe esplicitamente come suo maestro ed è considerato il suo discepolo più importante.
Basilica di Sant'Antonio di Padova - Il monumento a Pietro Bembo.
Dopo la morte del pontefice nel 1521, si trasferì a Padova, dove abitava la sua amante Faustina Morosina della Torre, dalla quale ebbe anche un figlio. Durante il suo soggiorno a Padova pubblicò a Venezia le Prose della volgar lingua, 1525. Nel 1529 ritornò a Venezia dove ricoprì l'incarico di storiografo della Repubblica di Venezia e bibliotecario della Biblioteca Marciana.
Nel 1539 papa Paolo III lo creò cardinale diacono, con titolo di San Ciriaco in thermis e questo fatto lo riportò a Roma, dove, sempre nel 1539 fu ordinato sacerdote[6]. Rinunciò agli studi di letteratura classica, dedicandosi alla teologia e alla storia classica. Nei quattro anni successivi fu eletto vescovo di Gubbio prima e di Bergamo poi.
Morì a Roma, all'età di 76 anni, il 18 gennaio 1547. Fu sepolto a Roma nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva; la sua lastra tombale è collocata sul pavimento, dietro all'altare maggiore. Anche nella Basilica di Sant'Antonio a Padova si trova un monumento dedicato al cardinale, opera del grande architetto Andrea Palladio.

Opere

L'incipit del De Aetna, scritto nel carattere bembo
Da scrittore, Bembo fu uno dei più eminenti rappresentanti dei ciceroniani, gruppo che si prefiggeva la restaurazione di uno stile ispirato alla classicità romana, contrassegnato dall'imitazione dei due modelli principali della lingua latina (trasportati anche in quella volgare): Cicerone per la prosa e Virgilio per la poesia.
Fu anche l'iniziatore del Petrarchismo, proponendo lo stile del poeta come esempio di purezza lirica e come modello assoluto. Su questa indicazione la poesia dell'epoca prenderà esempi e imitazione dalle rime petrarchesche.
Tra i suoi scritti in latino spiccano soprattutto:
  • De Aetna ad Angelum Gabrielem liber da Aldo Manuzio, Venezia 1495
  • Epistolae (Leonis X. nomine scriptae, 16 volumi, Venezia 1535; Familiares, 6 volumi)
  • Rerum veneticarum libri XII (Storia della Repubblica Veneta dal 1487 al 1513, Venezia 1551)
  • Historia veneta scritta dal 1487 al 1513; pubblicata nel 1551, poi tradotta dallo stesso in italiano (Istoria Viniziana)
  • Carmina (Venezia 1533), dove si pone nella tradizione del Dolce stil novo e di Petrarca
I più importanti dei suoi scritti in volgare sono:
Nel 1501 Bembo curò l'edizione del Canzoniere di Petrarca e nel 1502 quella delle "Terze Rime" (Divina Commedia) di Dante, in stretta collaborazione con l'editore Aldo Manuzio. Per la prima volta due autori in lingua volgare divennero oggetto di studi filologici, fino ad allora riservati esclusivamente ai classici antichi. Entrambe le edizioni costituiscono le basi di tutte le edizioni successive per almeno tre secoli.
Nel De Aetna, stampato da Manuzio nel 1496, venne usato per la prima volta il carattere tipografico successivamente chiamato Bembo che è rimasto uno standard per tutta la storia della tipografia fino ai nostri giorni. Sua anche l'epigrafe della tomba di Raffaello Sanzio.